La pièce è la cronaca di una rivolta urbana violenta, radicale, fuori dagli schemi delle rivolte di quegli anni. Si tratta di una sommossa trasversale strumentalizzata dal grido dei “Boia chi molla”, di quella destra eversiva responsabile, tra le altre, di quelle stragi che da piazza Fontana a Milano, a piazza della Loggia a Brescia, alla strage dell’Italicus, era passata, nel 1970, anche da Gioia Tauro con il causato deragliamento del Treno del Sole che collegava Siracusa a Torino Porta Nuova.

Madre è un gioiello teatrale di rara bellezza, destinato a rifulgere nella coscienza e nella memoria degli spettatori per lungo tempo. Basato sul poemetto scenico scritto da Marco Martinelli, si compone di due soliloqui pronunciati da due personaggi senza nome, Madre e Figlio, che incontrano troppe difficoltà comunicative a causa del solipsismo quasi autistico dell’omone di cui non conosciamo neanche l’età.

Eugenio Sideri nella storia ci entra soprattutto attraverso i racconti della Resistenza e dei partigiani, un lavoro di ricerca che si concretizza attraverso la scrittura drammaturgica e la regia di azioni teatrali capaci di creare nuove cognizioni. Sideri ha tramutato l’odio verso gli indifferenti nel mestiere di un moderno partigiano, perché si può essere partigiani in tanti modi e lui lo è attraverso la pratica del teatro. Un’arte che, riuscendo a sopravvivere alla travolgente digitalizzazione di ogni forma di comunicazione, di Resistenza se ne intende. Sideri è uno scrittore, drammaturgo e regista ravennate, tra i fondatori nel 2001 della compagnia teatrale Lady Godiva Teatro, ormai parte integrante del ben più ampio patrimonio culturale della stessa città di Ravenna.

Il racconto di quel che succede lì dentro è affidato all’ancella che è memoria del prima e anticipazione del poi, passato e futuro improvvisamente azzerati da un qui e ora claustrofobico. Dove si è soli, irrimediabilmente isolati eppure spiati, controllati, eterodiretti. Dove ogni residuo di coscienza e volontà individuale è destinato a soccombere, normalizzato dalla legge e annullato nel potere degli uomini al comando, i Comandanti.

Prodotto dal Centro Teatrale Bresciano e da La Fabbrica dell’Attore-Teatro Vascello, lo spettacolo si presenta compiutamente allestito: si vede chiaro lo studio, la lenta elaborazione, la presenza di una direttiva di pensiero coerente e quindi la ricerca di una chiave di lettura possibile per inoltrare lo spettatore nella sterminata materia raccontata, facendo in modo che arrivi diretta anche a chi non ha (ancora) letto il romanzo.

L’idea di Malamerica, come racconta la Costantino, nasce nel 2015 dalle suggestioni raccolte nel volume fotografico Trovare l’America. Storia illustrata degli italo americani nelle collezioni della Library of Congress, un testo del 2013 di Linda Berret Osborne. Ma non è sulle storie degli italiani divenuti famosi che la Costantino si vuole soffermare, da Fiorello La Guardia a Joe di Maggio ce n’erano tanti, quanto negli sguardi di quegli emigrati di cui nessuno ricorda più il nome e di cui non rimane nessuna memoria.