frammento 004

"Diego si era fatto togliere la camicia delicatamente e la osservava. E Laura con la punta delle dita, alzando ogni tanto lo sguardo per incroci pericolosi, usava la mano destra, con quell'altra indecisa e svogliata sulla cima della sua spalla, per camminargli sul petto coi polpastrelli sui peli. Come sono belle le spalle degli uomini, pensava. Dal collo bruno e ispido, dove intanto scivolavano i capelli morbidi e insidiosi, scendeva dolcemente fino a raggiungere con la durezza delle unghie, silenziose eppure già così invadenti, il cuore nascosto di quel torace perfetto. Un uomo insicuro! E quella insicurezza inebriava il respiro, e avrebbe presto impaziente attentato alla sua bocca. Conosceva il gusto di quella tentazione, e perciò la rimandava, la rallentava, perché durasse. Gli occhi così si dilatarono di entrambi, in quel buio grigio e azzurro di quella stanza d'albergo appena fermata nel tempo. Fuori il rumore di una città non appena scomposta per disattenzione. Così separati arrivavano i rumori delle auto e i battibecchi dei passanti, le lingue straniere e gli schiamazzi. La finestra semichiusa serviva proprio a questo, a fare entrare quelle risate prima vicine e poi lontane, e insieme quel fresco delle sere primaverili con le luci dei lampioni che si sforzano giallastri a trapassare i rampicanti festosi e profumati che col loro verde brillante entrano come ombre giunti fin lì. Non sopportò a lungo di restare fermo e insicuro, così, senza rifare il cammino gentile delle dita verso il cuore, strinse con entrambe le mani, e con tutte le unghie maschili affondate nella carne, le spalle di lei. Poi si ficco con tutta la bocca dentro a quella notte di stelle".

Frammenti di un racconto ancora da de-finire
di Chiara Merlo

frammento 351

“Lui aveva chiuso gli occhi, e lei lo baciava accuratamente. In bocca, sulla barba. Gli mordeva il mento. Lei col suo corpo dolce e lento su di lui. E lui, insistente, con gli occhi chiusi. Lentamente, sempre più lentamente, lei lo penetrava con quei suoi occhi aperti. Su di lui. Il seno teso, e il ventre sul suo ventre. Piano, sempre più piano, che anche il respiro sempre meno si sentiva, o forse si sentiva quando proprio mancava. E mentre lei sollevava la testa e finalmente chiudeva gli occhi, lui d’incanto li aprì che sembrò morto. Fermi. Sempre più fermi. A un tratto lei si adagiò soddisfatta sul suo petto, ma lui, come se le dita fossero fili, le accarezzava ancora con dolcezza la schiena, e poi, come fossero impiastricciate di un qualche miele, le infilava appiccicandosi completamente nei suoi capelli. Sembrava tutto accaduto in un bosco, eppure lui con gli occhi di lato ora guardava il mare, calmo”

Frammenti di un racconto ancora da de-finire
di Chiara Merlo

frammento 329

"Cerchi di nasconderti, ma ogni posto che trovi non basta. Se pure abbassi la testa e ti metti stretta stretta nei capelli, non basta. C'è chi guarda. Oggi mi sono messa sotto il letto ma il mio gatto ha trovato le mani. Sotto il letto non basta. Ho voltato la faccia ed è venuto a leccarmi sul naso. Io non piango. Delicatamente mi metto da qualche parte. Ma non basta. C'è sempre qualcuno che si mette davanti, allora abbasso la testa. Una volta sono stata tutto il giorno dentro il lavandino della cucina."

Frammenti di un racconto ancora da de-finire
di Chiara Merlo

(foto di Shaden Brooke)

frammento 316

Questa grazia, e tenerezza, di bocche che si mangiano lentamente, di occhi che si penetrano, di polsi e colli che si stringono, di ventri che si muovono, impazziti, di piedi e gambe che puntano sui cuscini, di capelli e liquidi che si mescolano, ma di anime che non si capiscono, di corpi che si imitano e di mani che si ricordano…allora, questa grazia di odori adesso è angoscia. L’angoscia di aver sbagliato il centro e aver cercato ai margini, di aver sfiorato l’intensità e averne colto solo l’immaginazione. Mentre la mia schiena premeva sul pavimento i miei dubbi come fiere mi aspettavano sul soffitto. E il soffitto poi piano piano si è abbassato, abbassato, fino a opprimermi del tutto. Che adesso mi trovo in questo cavo iperbarico dove ogni battito e ogni respiro sono calcolati, e a volte saltano per rifiuto il loro giro.

Frammenti di un racconto ancora da de-finire
di Chiara Merlo

frammento 315

Laura aveva chiesto a Diego cosa pensasse dell’amore, e Diego non aveva risposto. E allora gli spiego lei il concetto muovendo con le labbra parole in quel suo sguardo di uomo, scettico. E cominciò con un “sai”, che a Diego fece subito assumere quella smorfia di fastidio, o forse era rancore. “Sai, l’amore spinge due persone a capirsi, capirsi nel profondo. Non è un sentimento, è aprirsi all’altro per essere compresi”. Lui sciolse la smorfia e poi, con un sospirone, e appresso una pausa drammatica, aggiunse finalmente: “Laura, io non ti amo”.

Frammenti di un racconto ancora da de-finire
di Chiara Merlo

frammento 314

Poi ti fermi. Le foglie cadute. Io mi siedo sul muretto. Silenzio. Poi ti dico che mi hai deluso. Tu sorridi. Non capisco. Non aggiungo altro e penso di avere anche sbagliato a dire deluso. Tu veramente non mi hai deluso. Perché io non mi aspettavo più niente. Camminavo a testa bassa e tu mi hai fermato, volevo andare oltre, e tu mi hai trattenuto. Ma no! Non mi hai neanche trattenuto!
Ho le parole sbagliate.
E io non volevo.
Ma non è vero! Ti ho voluto.
Ho pensato che non poteva più succedere, e invece tremavo.
Ho alzato gli occhi e tu mi guardavi...ma perché mi guardavi?

Frammenti di un racconto ancora da de-finire
di Chiara Merlo

frammento 308

Scorticata. Le dita di una mano sfregavano sull’altra e con lento lavorio, soprattutto delle unghie, lei si toglieva la pelle. Senza rumore, a non farsi vedere, seduta verso il niente, guardando indietro nel tempo, sospirando e gemendo. La pelle di sotto emergeva viva e sanguinante e lei così ne sentiva il calore. Un rivolo rosso correva lungo la vena dell’indice che porta al polso, ma quello non era ancora lo strato di sangue che sperava di trovare.

Frammenti di un racconto ancora da de-finire
di Chiara Merlo