Alla base di ogni interrogativo possibile c’è la questione del perché soprattutto le donne vengano colpevolizzate per la loro libertà sessuale, apparentemente auspicata, anche dagli uomini, e invece sempre più spesso mortificata, abusata in rapporti violenti di prevaricazione.
Categoria: ADOLESCENTI
consigliati da noi Self-ie: testimoniare la proprio presenza Quando ci troviamo di fronte a una parola e ne vogliamo conoscere il significato, o i suoi significati, prima di analizzarne le interpreta…
Consapevoli che il mutamento sociale abbia come sua componente lo spontaneo aggregarsi, integrarsi di emozioni/umori (oppure deliri), pensieri/ideali collettivi, a chi osserva i cambiamenti, nell’analisi dei fenomeni culturali e sociali del nostro tempo, risalta che il non-luogo dei social network alimenta, spesso, atteggiamenti antisociali/depressivi che nella vita reale già sono, o purtroppo diventano, (gravemente?) patologici.
Il comportamento virtuale di ognuno alimenta, oppure no, la comunicazione violenta comune, stabilendo anche il significato che le diamo, e ciò oltre il profilo più o meno patologico soltanto di qualcuno. Dovremmo allora cominciare a capire che presto sarà davvero difficile distinguere la violenza collettiva dalla violenza individuale, dove i social network si attesteranno sempre di più come moltiplicatori di umori, frustrazioni e rabbia, invece che di stati d’animo ed emozioni positivi.
Il film è un film francese, ha vinto a Venezia nel 2021. La regia è davvero unica, vissuta dal corpo, la telecamera scruta ed esplora il corpo per ogni stato d’animo drammatico. É certamente un film psicologico, ma non relazionale come i “soliti” film francesi. É un film individualista femminista, con un’attrice protagonista magnifica bellissima nel ruolo.
Questo lungometraggio è la terza parte di una trilogia, composta dallo sceneggiatore e regista Jonas Carpignano, che da dieci anni vive a Gioia Tauro.
Dipingo autoritratti perché sono spesso sola, perché sono la persona che conosco meglio.Frida Kahlo Ogni cosa è un […]
Siamo abituati a contare i migranti in masse incontenibili. Quelli che non muoiono affogati in mare e che affollano le nostre “belle” città, senza lavoro, senza casa, senza appartenenza, vengono visivamente e concettualmente ammassati al degrado urbano, e così si accumulano nei nostri occhi con quelle loro borse contraffatte e colorate sui marciapiedi sempre più zozzi di questa Italia che non risolve nessun problema, tanto meno di ordine spazio e sicurezza. E invece i numeri dei bambini nascosti dentro a quelle borse, fatte con mani cinesi scorticate dal freddo, ci sfuggono alla vista, né ci ingombrano i pensieri come quei “delinquenti” che arrivano (e sono islamici!). Per noi “civili”, allarmanti dal furto spicciolo e dalle religioni violente, i bambini non contano. Perciò neanche di quelli morti sappiamo o immaginiamo. Che occhi avevano? Che occhi abbiamo!