La scelta di Anna – L’Événement

"Se l'aborto è omicidio, avrà almeno l'attenuante della legittima difesa" (Guido Ceronetti)

“L'abolizione del diritto di abortire per una donna, quando e se lo vuole, equivale a una maternità obbligatoria, una forma di stupro da parte dello Stato.” (Edward Abbey)

Anna è come me, semplicemente ha gli occhi blu e io marroni. Come me ama la letteratura, e in particolare Sartre e Camus (io di più Sartre). É giovane, molto giovane, ultimo anno del liceo. Io non più. Lei ha tutta la vita davanti, io metà l’ho già persa.

É molto bella, ma ha anche tanta personalità. Nel film la inquadrano sempre da vicino, fino agli occhi, nella loro luce e profondità, densi. Oppure di spalle, che cammina, i capelli legati, una canottiera azzurrina.

Va, non si sa dove. Ma adesso è disperata, e anche la strada dove cammina è disperata. Sa di essere incinta, e quel bambino non lo vuole (io lo volevo, e invece l’ho perso).

Che rapporto c’è tra corpo, maternità e libera scelta? E che rapporto c’è tra me l’aborto e Anna?! Tra lei e l’uomo con cui l’ha concepito, tra me e l’uomo, che come quello, non ha capito per niente il dolore del mio corpo femminile, quel dolore esclusivamente femminile? Il mio corpo pensato, creduto, solo contenitore di vite possibili?

Penso che questo film voglia proprio parlare con me, o di me. Ma non soltanto con me. Forse con ogni uomo e con ogni donna che in qualche modo ha vissuto la scelta o l’indifferenza dell’aborto.

Ma è un film ambientato negli anni ’70, quando l’aborto era vietato e le donne che volevano farlo erano puttane, e forse io e la protagonista, la scrittrice, la regista, siamo più o meno coetanee… No! Io sono più piccola, sono nata quando la protagonista già abortiva, di forza, e io abortivo invece, perché forzata ad avere figli, mentre la scrittrice scriveva di quel suo ricordo. E ora vedo il film della regista, dal libro di quella scrittrice, mentre rielaboro i lutti dei miei bambini che non sono mai nati, che non sono mai potuti nascere, in gestazione fuori da me, e poi in congelatore. Bambini al plurale. Bambini mai nati e che di fatto sono stati abortiti. Senza pianto.

Io nata dopo un fratellino, nato, ma dopo qualche minuto poi era morto, senza pianto. Madri senza pianto, come me, come la mia, e come Anna. Insomma, è tutto un miscuglio di proiezioni su proiezioni. Che matassa! Di dinamiche personali e cultura dominante!

Avere un figlio, non averlo, non poterlo avere, non volerlo, perderlo. Tutto nel nostro ventre. Tutto nella nostra mente. Tutto in quelle immagini.

Gli altri: ma vi siete divertite e ora abortite?! Ecco perché poi non ci riuscite a essere madri quando volete (il pensiero ricorrente). Troppo divertimento, troppa libertà sessuale, siete diventate superficiali, ormai le donne fanno sesso proprio come gli uomini.

Anna viene da una famiglia di proletari e si innamora di un ragazzo borghese che la porta al mare, e poi invece…non l’accompagna dal medico quando vuole abortire, semplice, e perciò i medici la trattano male, perché è la solita poveraccia rimasta incinta e rimasta sola, che se abortisce andrà in galera. Anche a me: i medici mi trattavano male, però perché non rimanevo incinta, e anche il mio “compagno” non c’era a difendermi da questi uomini incarogniti, frustrati e “soddisfatti” per il mio disagio. Ma è un fatto nostro, si sa, siccome il corpo è nostro, questo abbiamo rivendicato, e perciò ce la sbrighiamo da sole. Tranne che a letto, a letto il nostro corpo è a servizio.

Gli uomini che possono fare, cosa possono capire?!

Intanto il suo migliore amico quasi cerca di molestarla, tanto ormai è incinta. Glielo dice proprio che adesso può fare sesso come vuole, anche con lui, tanto è incinta.

Anna doveva stare attenta, ché non lo sapeva? É lei che è rimasta incinta (colpa mia che non ci sono riuscita…)

Ma dagli anni ’70 a oggi cosa è cambiato? Una cosa molto importante: l’aborto non è più clandestino. Non è poco sai. Sì, ci sono gli obiettori, ma teoricamente oggi puoi abortire, puoi sempre abortire…così tutte possono divertirsi, tanto poi possono abortire! E così si può anche evitare di mettere il preservativo. Ora anche le ragazzine abortiscono, colpa dei genitori. É tutto libero a scapito della vita.

E se i giudizi, il trattamento dei medici, il comportamento dei maschi, e delle altre femmine, è più o meno lo stesso, almeno non devi procurare la morte a tuo figlio in scantinati lerci rischiando la tua di vita, o assumendo farmaci non prescritti e pericolosi. Peccato che a volte oggi si abortisca in ambulanza! In giro fino a che non succede, per le strade di grandi ed evolute città.

Anna amava studiare, voleva diventare una scrittrice, ma a un certo punto è rimasta incinta, e per questo è stata emarginata, lasciata sola, trattata come una puttana dagli uomini, e ha rischiato di non poter  studiare più e di ritornare alle sue condizioni dì origine, senza Sartre (pur sapendo di Sartre).

E allora lei non ha voluto, e caparbiamente, quasi “ottusamente”, irriducibilmente, ha iniziato proprio una lotta fisica contro il suo stesso corpo. E contro quel bambino. Una lotta!

Siccome nessuno l’aiutava ad abortire, ha provato a farlo da sola, studiando come farlo.

E mentre io la guardo (e immagino me stessa) che si spoglia, si lava con acqua calda, si stende su una asciugamano, nuda, messa su un pavimento pulcioso, con una bacinella davanti piena di acqua bollente, infila un ferro che ha bruciato con un accendino scavando e scavando dentro di lei, cerca con quel ferro di trafiggere quel corpicino che insiste e insiste a restare. E il dolore è soffocato, perché nel collegio dove dorme non possono sentirla. E scava e scava fino a sanguinare, ma niente, quel bambino resiste (forse è Gesù che deve nascere?). Invece i miei non sono stati cosi resistenti.

E allora si fa le punture da sola. Io non ci sono mai riuscita a farmi le punture da sola, veniva un’amica a farmele che perciò assisteva alle mie lacrime silenziose sul mio viso, ma non se le ricorda.

Infine riesce ad avere il numero di una “mammara” (mia nonna era una “mammara”, ma non mi ha mai raccontato di aborti) che le pratica questo aborto con i ferri, ma addirittura due volte, e così finalmente una notte…Anna vomita dal ventre il feto resistente tutto insanguinato, ma ancora attaccato per via del cordone ombelicale e finisce in ospedale…non c’è niente da fare, questi figli sono proprio nostri! Soltanto nostri! Almeno fino al momento in cui nascono o muoiono! 

Il film è un film francese, ha vinto a Venezia nel 2021. La regia è davvero unica, vissuta dal corpo, la telecamera scruta ed esplora il corpo per ogni stato d’animo drammatico. É certamente un film psicologico, ma non relazionale come i “soliti” film francesi. É un film individualista femminista, con un’attrice protagonista magnifica bellissima nel ruolo, Annamaria Vartolomei, che fa da oggetto/soggetto simbolico con il suo corpo/forma di ogni significato legato all’aborto, e c’è un silenzio monologante ingombrante che invece racconta il male, tutto il male che c’è, in maniera eloquente, mettendosi negli occhi, sulle labbra, e nelle mani di Anna, e degli altri personaggi che portano questo velo di cattiveria integrata. Quel silenzio dell’aborto senza urli.

La scrittura scenica e la regia sono di Audrey Diwan; la crudezza, la disperazione, l’esistenzialismo, l’angoscia e il lirismo, l’intimità sono una scala armonica, fatta di semitoni, di irripetibile poesia.

É uno dei più belli e dolorosi film visti negli ultimi tempi (pur non avendone visti ben tanti!) e non so quanto io abbia saputo esprimerlo, visto il coinvolgimento personale, ma non potevo non scriverne, e non potevo non scriverne proprio in questo modo.

Di pregio anche la fotografia e la musica, musica che cola nelle scene come fossero dipinte da un giovanissimo Mirò.

Chiara Merlo

REGIA
Audrey Diwan

CAST
Anamaria Vartolomei, Luàna Bajrami, Kacey Mottet Klein

GENERE
Forti emozioni

PRODUZIONE
Francia 2021

TITOLO DISTRIBUITO PER
Blue Swan/Europictures