Sul lato della scena Paola Minaccioni accompagnata da quattro musicisti (Valerio Guaraldi – arrangiamenti e chitarre; Claudio Giusti – sax tenore, contralto e flauto; Giuseppe Romagnoli – contrabbasso e basso elettrico; Matteo Bultrini – batteria e percussioni), un’atmosfera intima e di racconto, una voce fedelmente rauca, rotta a volte da un groppo in gola, perché davvero la vita della Magnani somiglia a tante vite e a tante vite di attrici, e forse Paola l’ha fatta magnificamente sua.

“In una toccante composizione sonora che cerca di restituire l’emozione del passaggio del tempo”, Riccardo Fazi e Claudia Sorace, in arte Muta Imago, tornano in scena a Roma, al MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, con “Ashes”, la performance che nel 2022 è valsa alla compagnia i Premio Ubu come Miglior attore e Miglior Spettacolo Sonoro.
E in effetti i premi sono meritatissimi.

Tony Esposito porta sul palco del Teatro Olimpico di Roma un progetto artistico musicale molto particolare e di pregio, denominato “Tribal/Classic”, con dei brani di musica classica (Bach, Mozart, Monteverdi, Pachelbel) in una versione “Tribal”, con ritmi e percussioni da tutto il mondo.
Il progetto è vincitore di Avviso Pubblico promosso da Roma Capitale in collaborazione con Zetema Progetto Cultura

Eppure, se solo sapessimo veramente che le cose brutte della nostra vita le racconta il teatro, e che ci difende nel raccontarle! Il teatro è onesto intellettualmente sennò muore, parla alla comunità per far comprendere, parla “a noi tutti” come dice Eduardo per i nostri figli. E solo se si prova il dolore degli altri si comprende veramente il proprio. Il teatro permette questo: ri-presentare (rappresentare) a se stessi il dolore per la vita, com’è.

Presentato al Teatro San Ferdinando per la stagione del Teatro Nazionale di Napoli, Cinemamuto  vive anche di frammenti di film autografi forniti dalla Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia e di una colonna sonora composta ad hoc da Giovanna Famulari che alterna brani classici a invasioni contemporanee di musica elettronica, citando volontariamente questo tempo presente. Il risultato è  un lavoro collettivo che ha il merito di far conoscere una figura di donna e di artista pressoché dimenticata dalla storia del cinema e di portare e riportare all’attenzione del pubblico argomenti che oggi suonano come un’allerta.

Arriva il teatro, arriva la giostra. Quando uno spettacolo di Giancarlo Sepe sta per andare in scena nel suo magico spazio, in quel sottosuolo in costante fermento che è il Teatro La Comunità, nel cuore di Trastevere, mi sale la stessa eccitazione di quando da bambina aspettavo le giostre per il Santo Patrono.
Non so come sarà il nuovo spettacolo, ma so che l’incantamento è assicurato. Non sono mai stata smentita. Lo stand by dalla vita quotidiana è totale e lo è in modo diverso da come accade  o dovrebbe accadere sempre in teatro.

Inizia come in una installazione di Pina Bausch il lavoro di ricomposizione della sua trilogia, che Bernardo Casertano ha realizzato in quasi dieci anni del suo percorso da drammaturgo. Lo scenario è una piccola sala del quartiere Torpignattara di Roma, divenuta negli anni centro nevralgico di iniziative culturali e teatro di performance, grazie alla dedizione e lungimiranza dei fondatori/curatori che ne hanno fatto una Fortezza (di nome e di fatto) “aperta” allo scambio e alla divulgazione artistica e culturale.

De Crescenzo è riuscito a costruire un percorso lungo millenni e tra i più illustri pensatori non poteva dimenticare il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato. Di Gioacchino, oltre che le notizie biografiche, chiarisce subito che il suo problema principale era il carattere, definendolo un incazzoso terribile che per tutta la sua vita non fece altro che litigare con le autorità religiose…

La casa nova, commedia della maturità composta in dialetto veneziano, è riproposta fino a domenica 24 marzo 2024 al Teatro India di Roma nell’adattamento e traduzione di Paolo Malaguti e la regia di Piero Maccarinelli che ha brillantemente diretto una compagnia di giovani attori diplomati all’Accademia d’arte drammatica Silvio d’Amico, scortati da un generoso Stefano Santospago, che sembra uscito dritto dritto dai Rusteghi.

Donna che nuota sott’acqua è una performance in cuffia silent system e prevede un numero limitato di spettatori, massimo trenta. Una performance che si sviluppa in tre momenti che ripercorrono la vita di Martini e l’origine delle sue opere più importanti, attraverso racconti frutto di costruzione drammaturgica, o meglio faremo a definirla mediaturgia, proprio in virtù del fatto che lo spettatore percepisce una scena costruita attraverso una concezione di multimedialità.