Arriva il teatro, arriva la giostra. Quando uno spettacolo di Giancarlo Sepe sta per andare in scena nel suo magico spazio, in quel sottosuolo in costante fermento che è il Teatro La Comunità, nel cuore di Trastevere, mi sale la stessa eccitazione di quando da bambina aspettavo le giostre per il Santo Patrono.
Non so come sarà il nuovo spettacolo, ma so che l’incantamento è assicurato. Non sono mai stata smentita. Lo stand by dalla vita quotidiana è totale e lo è in modo diverso da come accade  o dovrebbe accadere sempre in teatro.

Inizia come in una installazione di Pina Bausch il lavoro di ricomposizione della sua trilogia, che Bernardo Casertano ha realizzato in quasi dieci anni del suo percorso da drammaturgo. Lo scenario è una piccola sala del quartiere Torpignattara di Roma, divenuta negli anni centro nevralgico di iniziative culturali e teatro di performance, grazie alla dedizione e lungimiranza dei fondatori/curatori che ne hanno fatto una Fortezza (di nome e di fatto) “aperta” allo scambio e alla divulgazione artistica e culturale.

De Crescenzo è riuscito a costruire un percorso lungo millenni e tra i più illustri pensatori non poteva dimenticare il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato. Di Gioacchino, oltre che le notizie biografiche, chiarisce subito che il suo problema principale era il carattere, definendolo un incazzoso terribile che per tutta la sua vita non fece altro che litigare con le autorità religiose…

La casa nova, commedia della maturità composta in dialetto veneziano, è riproposta fino a domenica 24 marzo 2024 al Teatro India di Roma nell’adattamento e traduzione di Paolo Malaguti e la regia di Piero Maccarinelli che ha brillantemente diretto una compagnia di giovani attori diplomati all’Accademia d’arte drammatica Silvio d’Amico, scortati da un generoso Stefano Santospago, che sembra uscito dritto dritto dai Rusteghi.

Donna che nuota sott’acqua è una performance in cuffia silent system e prevede un numero limitato di spettatori, massimo trenta. Una performance che si sviluppa in tre momenti che ripercorrono la vita di Martini e l’origine delle sue opere più importanti, attraverso racconti frutto di costruzione drammaturgica, o meglio faremo a definirla mediaturgia, proprio in virtù del fatto che lo spettatore percepisce una scena costruita attraverso una concezione di multimedialità.

Paolo Mauro e Alessandro Castriota Skanderbeg, diretti da Lindo Nudo, portano in scena una commedia non tanto per parlare della battaglia civile delle comunità LGBT, quanto dell’amore e della difficoltà nel riconoscerlo all’interno di una società che, ancora oggi, non riesce a educare all’amore senza riserve, come se l’amore dovesse rimanere prerogativa tra persone di sesso diverso.

Quest’opera teatrale prende in prestito un fatto di cronaca raccontato da Laurent Mauvignier, la mezz’ora in cui è insensatamente raccolta la tragica fine di un uomo. Un monologo. Un’emorragia di parole nel resoconto minuzioso di una morte assurda, interpretata esaurientemente da un attore ugualmente tragico nella sua parte, molto convincente Vincenzo Pirrotta. “Quel che io chiamo oblio” è il titolo originale di questo monologo, “Storia di un oblio” in questa trasposizione teatrale.

Smarrimento, scritto e diretto dalla pluripremiata Lucia Calamaro, e interpretato magnificamente dalla versatile Lucia Mascino, è in scena al TeatroBasilica di Roma fino al 4 febbraio, lo spettacolo, prodotto da Marche Teatro, debuttò ad Ancona nel lontano 2019, fece il giro di tutta Italia dopo la riapertura dei teatri e approdò a Roma, al Teatro India, nel febbraio 2022. Adesso, dopo tanto peregrinare, Smarrimento sembra aver raggiunto la sua piena maturità.
Il monologo mette in scena una scrittrice in piena crisi creativa.

Questo testo che fa incontrare due donne che per destino sono madre e figlia, pone allo spettatore una quantità di domande.  La possibilità del perdono se non c’è pentimento. La natura della natura umana: ci sono i buoni e ci sono i cattivi e chi sono i cattivi se non i caduti che non si rialzano nemmeno di fronte a una figlia che tende loro la mano? È possibile la pietas di fronte all’ostinazione  del male o è meglio scappare e cercare per sé un’orbita franca attorno cui gravitare? 

Una regia potente, e di un monologo, perché i gesti e le accortezze della luce, dell’inquadramento proprio degli stati d’animo e delle rivendicazioni sociali attraverso le espressioni, la cristallizzazione delle facce e delle posture, fanno proprio quelli la differenza su tutto. Microsociologia.
Un’Attrice con la A maiuscola, consapevole del ruolo e del fatto, del rappresentare con le parole che sono ogni volta un mondo teatrale a sé per la potenza del messaggio, del ri-presentare allo spettatore la vita amletica di tutti i giorni. Bello il testo. Bello il teatro (per me nuovo).