Due che mettono soggezione. Per come, giocando, si mettono a nudo. Per come giocano mettendosi a nudo. Jouer, to play. Il teatro senza fraintendimenti. Ce lo dispensano in un’acrobatica ora e mezza due giovanissimi istrioni del palcoscenico, Alessandro Bandini e Alfonso De Vreese, attor giovani, si sarebbe detto una volta, virgulti pieni di belle speranze a cui si rispondeva con promesse attendibili. Under trenta, trentacinque, abbiamo preso a dire adesso: da quando sparuti finanziamenti con bandi dedicati hanno finto di incoraggiare le giovani leve per far fuori gli over meritevoli senza tante spiegazioni. Tant’è. Quello che è certo è che questi due, di under, hanno soltanto l’età.
Il testo è una rocambolesca e assai verosimile storia d’amore scritta da un altro under trenta o giù di lì, Diego Pleuteri, al quale il regista over trentacinque ma under quaranta Leonardo Lidi ha di nuovo dato fiducia perché è giusto non aspettare che un giovane autore sia stanco di provare a fare l’autore e venga preso sul serio finché siamo in tempo.

Occorre tutta la nostra buona volontà e forza d’animo per potere vivere e lavorare in una realtà in così veloce trasformazione, e anche coraggio. Una qualità che l’umano contemporaneo pare abbia perduto, reminiscenza di ricordi lontani quando si moriva per una fede. Ora siamo incerti e spaventati, confusi su quale direzione prendere, a chi dare retta, presi tra evoluzione tecnologica ed empatia, conservatorismo e progressismo, destra e sinistra, idealismi e necessità. La convenienza a cui un certo progresso ci ha abituato, ha spazzato via ogni resistenza, ogni capacità di opporsi, di lottare.

Ruggero Artale è uno studioso del ritmo, e nella contaminazione che fa tra il “suo suono”, carico di vissuto e studio, e la musica africana tribale, carica di misticismo e primitivismo, ci regala suggestioni nuove e una visione degli strumenti a percussione come un ritrovamento della nostra antica e profonda provenienza da quel continente melanconico e ribelle che è l’Africa.
C’è, anche nel suo portamento, lento e denso, quell’atteggiamento spirituale che contorna la sua personalità, subito evidente mentre suona i suoi amati e curati djembe, quelle “casse cave di legno a forma di calice” che tratta come persone che portano la loro storia.