La donna che nuota sott’acqua

Guardare è essere pittore, soffrire è essere poeta. Dall’unione della plasticità e dell’anima si può far nascere la più bella arte vivente integrale: il teatro.

(Henry Betaille)

Dalla scultura di Arturo Martini alla performance teatrale della compagnia romana Settimo Cielo.

Una percezione, nel tempo, può trasformarsi in una presa di coscienza alla quale si può dare forma attraverso l’arte.

Arturo Martini, uno dei più grandi scultori del ‘900, ha impiegato oltre dieci anni per capire come concretizzare l’idea di un corpo immerso nell’acqua frutto della visione di Ombre bianche, film di W.S. van Dyke, realizzato nel 1928 e ambientato in Polinesia.

Solo nei primi anni ’40 Martini riesce a dare forma scultorea alle suggestive immagini cinematografiche delle donne polinesiane che nuotavano sott’acqua. L’acqua immerge i corpi rendendoli diversi e sospesi, quasi come se fossero in uno spazio altro, diverso o separato dal mondo reale. Uno spazio che colloca in una dimensione che possiamo definire foucaultianamente eterotopico è quello creato, nella stessa misura di quello della scultura di Martini, dalla performance teatrale Donna che nuota sott’acqua, prodotta dalla compagnia romana Settimo Cielo per la regia e la drammaturgia di Giacomo Sette.

Una performance che, al pari della scultura di Martini, colloca lo spettatore in una dimensione sospesa seppur nella condizione di connessione, o iperconnessione con gli spazi della realtà.

Lo spazio dell’azione diventa luogo capace di funzionare come canale comunicativo tra cose e idee che nascono e si muovono tra il reale e il virtuale.

La rappresentazione si sviluppa tra brevi racconti, musica e radiodramma, il fine è quello di indagare il rapporto tra arte, genio e identità umana proprio attraverso la figura di Martini.

Se l’ossessione di Martini era quella di superare con la scultura la gabbia delle tre dimensioni, nella performance teatrale, che porta lo stesso titolo della sua opera, la dimensione del teatro, inteso come scatola scenica, è superata da una concezione che guarda verso una mediologia della performance e, allo stesso tempo si ritorna, proprio per la capacità di coinvolgere il pubblico, a una concezione più primitiva e ritualistica dell’evento teatrale.

Donna che nuota sott’acqua è una performance in cuffia silent system e prevede un numero limitato di spettatori, massimo trenta. Una performance che si sviluppa in tre momenti che ripercorrono la vita di Martini e l’origine delle sue opere più importanti, attraverso racconti frutto di costruzione drammaturgica, o meglio faremo a definirla mediaturgia, proprio in virtù del fatto che lo spettatore percepisce una scena costruita attraverso una concezione di multimedialità.

I tre momenti si sviluppano in maniera itinerante nello spazio del teatro che non ha più confini tra palcoscenico e platea, il rapporto tra attore attivo e spettatore passivo è completamente annullato.

Uno spazio totale in cui, avvengono trasformazioni, causate da una reciproca relazione dialettica tra attori e spettatori immersi in uno spazio che avvolge i partecipanti, quindi quella specifica collettività, in un paesaggio mediale, capace di inserire la performance all’interno di un contemporaneo mediascape.

I primi due racconti sono trasmessi da una fonte audio: la prima storia, che si svolge nello spazio della platea, è ambientata nel piccolo paese laziale di Anticoli, nell’estate del 1926, luogo in cui lo scultore, dopo aver realizzato La fontana di Noè, incontra una misteriosa montanara.

Martini, mentre è impegnato ad allontanare uno sciame di vespe dalla sua opera d’arte, intrattiene una conversazione carica di simbolismo e ironia con l’enigmatica donna, di cui non riesce a distinguere i lineamenti del volto a causa del sole.

La seconda storia, che si svolge sempre in platea con un palcoscenico totalmente oscurato, fino a cancellarne completamente lo spazio, è ambientata a Marina di Carrara nel 1942, mentre lo scultore passeggia sulla spiaggia, incontra una donna che sembra quella di Anticoli.

Capisce di amarla nel momento in cui avverte le stesse sensazioni percepite anni prima alla vista della donna misteriosa; ha la consapevolezza di averla sempre amata proprio nel momento in cui la vede tuffarsi in acqua.

Il terzo breve racconto, che il pubblico ascolta sempre attraverso le cuffie, procede con una lettura dal vivo degli attori Gloria Sapio e Maurizio Repetto, accompagnati dalle musiche di Andrea Cauduro e Luca Theos Boari Ortolani, vede l’azione spostarsi sul palcoscenico.

Siamo a Venezia nel 1944, Martini ospita nel suo studio il giornalista Gino Scarpa con cui sta cercando di scrivere un’autobiografia che diventerà poi l’opera incompiuta Colloqui sulla scultura.

Scarpa, appena sfollato da Milano, più che alla vita di Martini è interessato a capire il mistero che si cela dietro la scelta dello scultore di decapitare un’opera di una bellezza straordinaria come La donna che nuota sott’acqua, ma anche di conoscere il destino della testa che sembra essere sparita nel nulla.

In questa rappresentazione lo spazio diventa il luogo dell’incontro reale tra attori e spettatori che, nel seguire le azioni, sono coinvolti negli spostamenti dei vari luoghi deputati, quasi come se si trattasse di una liturgia medievale.

Un momento condiviso in un hic et nunc che si evolve in una mediatizzazione delle azioni, un moderno rituale che vede l’uso del telefonino il medium per poter partecipare all’azione.

Il luogo teatrale diventa il contesto per mantenere attive le iperconnessioni digitali che ci proiettano in un cerchio sospeso tra reale e immaginario, tra rituale e virtuale.

In una visione estetica riconducibile a Kant, possiamo definire questa esperienza sulla base di un rimodellamento secondo nuove regole sul versante della percezione.

La performance de La donna che nuota sott’acqua trasforma lo spazio della rappresentazione in un contenitore nel quale interno sono assorbiti i dispositivi mediali, creando una riflessione sul rapporto tra teatro e media digitali.

Lo stesso pubblico coinvolto in questa performance si divide tra chi si sente parte di un rituale e chi avrebbe preferito non utilizzare le tecnologie, ma in entrambi i casi, la natura dell’evento teatrale come assemblea rituale, rimane inalterata, perché se è vero che il teatro incontra le nuove tecnologie è altrettanto vero che queste, difficilmente, incontreranno il vero senso umano e collettivo del teatro. 

di Maria Concetta Loria

Donna che nuota sott’acqua il 24 febbraio ha fatto tappa al Teatro Comunale di Badolato (CZ) per la rassegna MigraMenti organizzata dalla Compagnia Teatro del Carro-Pino Michienzi

Drammaturgia e regia di Giacomo Sette/con Gloria Sapio e Maurizio Repetto/luci e fonica Luca Rossi/musiche originali Andrea Cauduro e Luca Theos Boari Ortolani/produzione Settimo Cielo/Ph FerMentis