Gioacchino Da Fiore, un incazzoso rompicoglioni, parola di Luciano De Crescenzo

Tuttavia quello che caratterizza il Medioevo occidentale è la sua tendenza a risolvere ogni apporto culturale di altre epoche o civiltà in termini cristiani.

(Umberto Eco)

Luciano De Crescenzo è stato, oltre che scrittore, attore e regista, un grande divulgatore della filosofia, riuscendo ad affrontare i grandi temi del pensiero umano non solo in forma accessibile e comprensibile al grande pubblico, ma soprattutto con coinvolgente simpatia e ironia.

Professionalmente, De Crescenzo, nasce come ingegnere dell’IBM per poi affermarsi come scrittore e intellettuale del suo tempo.

Il libro Così parlò Bellavista, prima di diventare sceneggiatura televisiva, fu pubblicato per la prima volta nel 1977, si affermò come best sellers con circa 600.000 copie vendute che furono tradotte in diverse lingue giungendo fino al Giappone.

Un linguaggio semplice il suo, accessibile e capace di accendere la curiosità verso lo studio della filosofia da parte di un grande pubblico.

I suoi testi di filosofia furono apprezzati tanto da essere adottati come libri di testo. De Crescenzo è riuscito a costruire un percorso lungo millenni e tra i più illustri pensatori non poteva dimenticare il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato.

Di Gioacchino, oltre che le notizie biografiche, chiarisce subito che il suo problema principale era il carattere, definendolo un incazzoso terribile che per tutta la sua vita non fece altro che litigare con le autorità religiose.

Gioacchino fu accusato di “triteismo” e condannato per eresia perché pensò alla storia dell’umanità come divisa in tre Ere consecutive e diverse una dall’altra: l’età del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

I Padri della Chiesa riscontrarono il problema proprio con lo Spirito Santo al quale nessuno, fino a quel momento, aveva prestato attenzione se non per giustificare la verginità della Madonna.

In aiuto a Gioacchino arriva Dante quando nel Purgatorio afferma:

Matto è chi spera che nostra ragione/possa trascorrere la infinita via/che tiene una sustanza in tre persone./State contenti, umana gente, al quia;/ché, se potuto avreste veder tutto,/mestier non era parturir Maria. (Purgatorio, III, 34-39)

a sinistra Dante, a destra Gioacchino Da Fiore

In realtà Gioacchino voleva mettere in guardia tutta la cristianità affinché recuperassero l’antico spirito della Chiesa, ma chiaramente la visione di un monaco calabrese non poteva essere la stessa di quella di un cardinale romano.

Il desiderio dell’abate florense era quello di vedere ebrei e cristiani camminare sottobraccio.

Gioacchino non riuscì ad unificare le due religioni, ma riuscì in altre imprese come quella di essere eletto a guida spirituale dai mendicanti, mentre era considerato un rompicoglioni dai ricchi.  

De Crescenzo definisce l’abate come un estremista della cristianità, ovviamente di sinistra.

È ovvio che entriamo in un gioco di categorie che, ironicamente, possano spiegare l’orientamento di un pensiero che non potrà mai essere piegato a vere e proprie contestualizzazioni.

De Crescenzo vuole solo provare che “gira gira certe posizioni restano sempre immutate”.

Il gioco della destra e della sinistra è un qualcosa che serve per rivendicare discendenze, lo abbiamo visto con il Ministro della cultura Sangiuliano quando afferma, errando, che Dante è il fondatore del pensiero di destra italiano, che poi se così fosse dovremmo chiederci perché allora mise Gioacchino tra gli spiriti sapienti del paradiso?

Luciano De Crescenzo, Storia della Filosofia. Greca Medievale Moderna, Mondadori, 2003.

di Maria Concetta Loria