Siamo alla fine della tv culturale

La televisione dà la cultura a chi non ce l’ha e la toglie a chi ce l’ha.

(Umberto Eco)

Editto bulgaro, epurazione o caccia alle streghe? Spoil system si o no? Sull’affaire Fazio i maggiori quotidiani si sono scatenati con argomentazioni degne dei migliori bar di quartiere (“eh signora mia, ormai lo fanno tutti”, “non c’è più differenza tra destra e sinistra”, “Salvini ce l’ha sempre avuta con lui” ecc.). Dunque mentre le migliori firme si cimentano in teorie che sfociano nel complottismo politico, una cosa ci appare ormai evidente: siamo alla fine della tv culturale. Attenzione: non quella di Rai storia e Rai 5, e meno male che esistono, no. Ma quella indirizzata al grande pubblico.

Un declino annunciato già con lo spostamento di Fazio dalla rete più generalista a quell’avamposto di resistenza culturale che è Rai3. E pensare che lo criticavamo quando ancora si parlava – e si scriveva- di libri, cinema, teatro. Quando esistevano i quotidiani e persino il cosiddetto secondo giornale, quello che compravi insieme a Repubblica e al Corriere solo per approfondire. Quando un articolo di critica letteraria aveva addirittura il richiamo in prima pagina.

Ebbene sì, lo abbiamo criticato. Per le sue domande troppo accondiscendenti, per i suoi modi da bravo ragazzo che non vuole scontentare nessuno, per osare invitare Brignano dopo aver intervistato Albinati. Non si fa. L’élite culturale era scandalizzata… eppure venivamo da anni di Maurizio Costanzo show che osava parlare di calcio con Carmelo Bene e invitare quel ragazzotto di Valerio Mastandrea che all’epoca scambiavamo per un coatto di Testaccio e invece era un grande attore e poi organizzare subito dopo una reunion di Alberto Sordi e Monica Vitti.

L’élite si scandalizzava, dicevo, perché dava per scontato ciò che c’era sempre stato.

Perché guardava con nostalgia ad anni in cui esisteva Match di Alberto Arbasino in cui Giorgio Bocca si confrontava con Indro Montanelli, Moravia con Sanguineti, Albertazzi con Memè Perlini e i giornalisti culturali facevano domande. Domande vere, non erano lì per dire la loro opinione ma proprio chiedevano per ascoltare la risposta. E non sedevano al tavolo in prima fila ma tra il pubblico come dei figuranti perché i protagonisti erano gli altri, i veri intellettuali.

E sì l’élite non può sopportare la fine di tutto questo, si chiude a riccio. E più si chiude e più muore.

Intanto Fazio diventa il nemico perché rappresenta la cultura mainstream, perché guadagna troppo. Si occupa di cultura, ha un vasto pubblico e guadagna molto. Non si può fare. E giù articoli sui suoi compensi che ci rovineranno accondiscendendo così a teorie tremontiane secondo le quali certo con la cultura non si mangia.

E poi quei soldi a noi servono. Ci servono per fare le serie tv adatte ai giovani, quelle dove ogni 15 minuti serve uno che dica “instagram, follower, tik tok” come già ci insegnavano i geniali sceneggiatori di Boris 4.

Ma poi Fazio iniziano ad attaccarlo da destra e quindi diventa il baluardo, uno da proteggere.

Tra poco lo faranno santo. Ma voliamo più basso ponendoci un interrogativo da fa tremare le vene ai polsi: non è che dopo che tempo che fa ora ci tocca un altro talk di parlamentaristi che parlano ad altri parlamentaristi? Davvero a tutti appassiona il bollettino serale sull’andamento della politica del qui ed ora priva di qualsiasi visione? Tanto che l’evento del pomeriggio cancella in un colpo il lavoro redazionale del mattino con conseguente furto di ospiti tra una trasmissione all’altra?

Ci provò Gruber con Otto e mezzo sabato a parlare di libri ma alla fine, non c’è niente da fare, la passione ebbe il sopravvento e sempre si finiva a parlare di saggi scritti dall’amico giornalista e quindi tanto vale non farne niente.

E ora chi si occuperà del festival di Cannes? Del David di Donatello abbiamo visto nessuno. Poi tutti a dire della crisi del cinema e dell’invasione delle piattaforme con necessaria intervista alla diva americana, perché si sa siamo tutti esterofili ma guai ad invitarla in una trasmissione. Non vorremmo fare la fine di Fazio quando osò ospitare Madonna. Di teatro non se ne parla perché sì siamo tutti colti ma c’è un limite e sai che noia. E allora dai a rimpiangere Marzullo che forse ancora c’è ma non lo guarda più nessuno.

Altra trasmissione che inviti qualche scrittore/regista/cantante in prima serata ne abbiamo? Altrimenti finiremo a far commentare la morte di un premio Nobel per la letteratura (e il teatro) da Roberto D’Agostino e Andrea Scanzi come negli incubi peggiori. Anzi, no è già successo.

di Laura Landolfi