Intellettuali

Non sono mai stato un intellettuale, ma ho questo aspetto.

(Woody Allen)

Forti venti moralizzatori si abbattono sul paese. Non è solo un fatto politico ma oserei dire culturale: l’estate passata è stata funestata dalla perdita di due intellettuali come Michela Murgia e Francesco Alberoni cui si aggiunge, proprio in questi giorni, il sociologo Domenico De Masi. Amatissima e celebratissima la prima a confronto degli altri due. Una disparità di trattamento che ha aperto una riflessione, non irrilevante, su quali siano i parametri di giudizio (termine che va di pari passo con “morale”) su chi riveste il ruolo di intellettuale oggi.

Un tempo era più facile, l’intellettuale era colui che leggeva, scriveva e aveva una visione del mondo e del futuro in un’ epoca dove si leggeva, scriveva e si puntava sulla scolarizzazione. Un’epoca in cui esisteva l’ascensore sociale, dove il contadino e l’operaio si indebitavano per far studiare i figli che diventavano avvocati, dottori o, appunto, intellettuali. Un’epoca in cui la laurea era considerata un punto di arrivo, un traguardo raggiunto da un’intera famiglia.

Ecco, quello era un mondo in cui l’intellettuale era riconoscibile. In cui veniva prima l’opera e dopo l’argomentazione, il dibattito- che bella parola-, il confronto. Lì semmai l’ondata moralizzatrice aveva venature cattoliche e si abbatteva su ciò che veniva concepito come diverso, omosessuale, divorziato, adultero, concubino.

E oggi? Spesso dell’intellettuale di riferimento non si è letto nulla, non si è studiato nulla ma si assume – o giudica- il suo pensiero per lo più esposto su giornali e in talk-show. E’ quello che è successo a Murgia e Alberoni. L’osanna indistinto, la condanna tout court.

Allora in base a cosa giudichiamo un grande intellettuale, un grande artista, un grande scrittore? La morale? La politica? Il femminismo?

Fa orrore l’adesione di Celine al nazismo ma non si può non leggere e amare alla follia Viaggio al termine della notte, Caravaggio era un assassino eppure…. Potremmo proseguire all’infinito con moltissimi filosofi, Nietzsche in primis e con gli artisti: se Carmelo Bene picchiava le donne Lectura Dantis e Manfred sono tra i più grandi capolavori non ascrivibili solo al teatro.

foto dal web

Eppure l’arte è intersezione tra l’apollineo e il dionisiaco, tra lo ctonio e la natura a detta di Camille Paglia nel suo intramontabile Sexual personae. Dunque l’arte- come anche il sesso- non è giudicabile. Non lo è nel male ma neanche nel bene. Niente santini dunque come è capitato alla Murgia. Paladina di tutto, capace di trasformare la propria malattia e morte in atto politico. Credo che questa sia stata la sua più grande performance. Ma credo che molti che l’hanno amata non abbiano mai neanche letto una riga scritta da lei.

Alberoni, invece, non è stato amato perché reo di aver scelto la via più facile, quella più commerciale che lo portava a firmare rubriche sull’amore. Forse parlare alla massa con un linguaggio ad essa comprensibile era l’approdo naturale per chi appunto fu il primo a portare la sociologia in Italia, a studiare i movimenti di massa e poi direttamente la massa. Oppure fu per avidità, per egocentrismo, chissà. Ma la scelta è stata legittima e gli ha consegnato la popolarità. Fino allo scivolone finale, la candidatura con Fratelli d’Italia. Rimbambimento senile o un modo coerente (per lui) di portare il suo ragionamento alle estreme conseguenze? Ripicca per quella sinistra radical chic che lo aveva snobbato? Forse tutte queste cose messe insieme. Ma perché l’appartenenza politica dovrebbe riguardare il suo pensiero se esso resta libero?

De Masi a sua volta verrà osannato o attaccato per il suo ruolo politico più che per le sue idee.

Così subdolamente il moralismo colpisce ancora, livella il pensiero e penetra nelle coscienze.

di Laura Landolfi