Dancing Partners

Danzare, è lottare contro tutto ciò che ci trattiene, tutto ciò che ci affonda, tutto ciò che pesa e appesantisce, è scoprire con il proprio corpo l’essenza, l’anima della vita, è entrare in contatto fisico con la libertà. (Jean-Louis Barrault)

Ballo di due persone. Alleati per lo stesso volo. Sincronie. Il rapporto che corre tra gli elementi costitutivi di uno stesso sistema linguistico. Aggrappamenti. Afferrarsi, stringere. Sostenere. Strappi. Lacerazione rapida e violenta. Allontanamenti. Progressivo distacco. Separazione. Espulsione. Estromissione. Cadute. Moto accidentale. Dall’alto verso il basso. Farsi poi rinascere un Altro dalle braccia, dalle mani. Portarlo finalmente con sé. All’unisono. Canto del corpo. Simultanea e perfetta esecuzione di accordi. Connessione di emozioni. Reciprocità. Dinamismo di parità, nella stessa forma, nella stessa misura. TeatroDanza di una coppia.

Nel buio, la nebbia delle luci, lo sfondo grigio del teatro come spento. Nel mezzo, la magia di due ballerini che si muovono come appiccicati da una qualche sostanza umana, che li tiene incollati in movimenti e fughe, arretramenti e cadute. Straordinario questo primo balletto contemporaneo, messo in scena dalla Frantics Dance Company (Germania). I due ballerini diventano un unico elemento visivo in un flusso di movimenti sincronici perfetti. Fino a un certo punto…si rincorrono, uno diventa l’evoluzione dell’Altro, le esistenze sono interdipendenti, un percorso tantrico di voli e atterramenti, fino a che il movimento non diventa asincronico, oppositivo, di strappi e spinte, sempre mantenute in quel meccanismo duale inestricabile. Una bellissima metafora delle relazioni, “Ordinary People” (prima nazionale), coreografia Marco di Nardo & Juan Tirado, dà il senso del cammino delle persone nella vita, persone che camminano insieme agli altri in incastri musicali, a volte armonici a volte discordanti, facendo passi sempre più complessi e strutturati, in ritmi a volte surreali, altre volte seguendo gesti lenti e tenerissimi, in un vortice segreto che si muove ugualmente diacronico dentro di noi.

Poi, un attimo di silenzio, e ricompare sullo sfondo un uomo, ma ha nel ventre una testa. L’altro ballerino sorge proprio dal primo corpo, e diventano due. Il tentativo è quello inconscio di farlo ritornare dentro, l’Altro che è in noi, e invece si muove sulle nostre mani, appoggiandosi su quelle stesse uniche gambe, muovendo il suo petto da quest’altro petto. Due sono le teste. I due mezzi corpi in uno si agitano per liberarsi, staccarsi, e invece restano insieme. E allora ballano. E diventa una danza impossibile, eppure meravigliosa, un conflitto esistenziale e una definitiva alleanza, nella molteplicità della nostra personalità, nei multiversi delle direzioni che possiamo prendere. In questi estratti da “After the Party” di Thomas Noone Dance (Spagna), in questa emozionante danza fisica, si attiva uno strumento socio culturale che è il linguaggio e che proprio visivamente diventa di integrazione e coesione: gli altri ci appartengono e si muovono disperati o gioiosi nel nostro stesso corpo.

“Amaranthine” della Company Chameleon (Inghilterra) è un carillon dolcissimo e struggente, a cominciare dalle note del pianoforte. Lei non vuole farsi prendere e lui la accerchia, la assedia, fino a vincerla. Sembra lo studio su un corteggiamento contemporaneo, nel suo contesto, nelle sue condizioni, nella sua fragilità, nelle sue dinamiche. E le dinamiche sono evoluzioni di danza, ben comprensibili, già interiorizzate da chi ha già amato e si è fatto amare. Lui la abbraccia, e lei si spaventa, lui la stringe, e lei non si sente di appartenergli…poi si abbandona. Sembrano le evoluzioni dentro a una stanza, e invece sono all’aperto, in pubblico, alla portata di tutti, esposte e spesso non viste, in mezzo a noi che viviamo quelle stesse emozioni. “La compagnia Chameleon, fondata e diretta da Anthony Missen e Kevin Edward Turner crede nel Dance Theatre come metodo fondamentale per il cambiamento sociale. Il loro lavoro permette allo spettatore di sperimentare l’arte della danza, affrontando in modo creativo i problemi e le difficoltà. La compagnia Chameleon porta dunque in scena storie, racconti e archetipi alla vita con bellezza, forza e intensità. Il loro lavoro ha lo scopo di colmare il divario tra la danza teatrale contemporanea, gli artisti e il pubblico“, così li promuove il Teatro Vascello nel programma dello spettacolo. E realmente è fra i balletti messi in scena quello che più ci avvicina alle nostre delusioni. Bravissimi i due performer: Alice Bonazzi e David Colley (con la musica di Miguel Marin).

“Ascent” (prima romana) della Spellbound Contemporary Ballet (Italia), con la coreografia di Mauro Astolfi, è un balletto spirituale dove il disegno delle luci, con le sue proiezioni geometriche, chiude o apre i confini di questa danza. E sembrano gabbie. I due ballerini si trovano sempre al confine dei loro movimenti, confini appunto delineati dalle luci e dalle ombre. E ciò che è apparentemente fluido diventa interrotto, frammentato, ripiegato nello spazio, come se lo spazio fosse deformabile per elementi invisibili, gli stessi che lo ampliano per altre dimensioni verticali. Un lavoro pregiatissimo e molto sofisticato, con due interpreti performer molto bravi: Mario Laterza, Giuliana Mele e un puntuale disegno luci: Marco Policastro.

Dancing Partners è un progetto in rete avviato nel 2013 per la promozione della danza contemporanea da parte di un team di artisti consolidati di diverse nazionalità. Concepita come iniziativa itinerante, Fa tappa in ognuno dei Paesi coinvolti (Spagna, Svezia, Inghilterra e Italia) in cui a seguito di una residenza temporanea, luogo di scambio e confronto tra i vari artisti nella sede della Compagnia ospitante, sono programmate performance laboratori, incontri, dibattiti con il pubblico stesso e con gli studenti avvicinati nelle attività di formazione del progetto. Ha così non solo un fine di promozione del lavoro degli artisti coinvolti, ma un forte radicamento nei territori toccati con attività di formazione di settore oltre che del pubblico.

Visto al Teatro Vascello di Roma il 10 novembre.

Chiara Merlo