Il tango delle capinere

E lontano, lontano nel tempo Qualche cosa negli occhi di un altro …
Luigi Tenco

La grande forza dei lavori di Emma Dante, la cifra che la connota fin dagli esordi, forse nemmeno pienamente consapevole, intenzionale, dichiarata, è la sublimazione della sgradevolezza.

C’è sempre uno spiraglio, nel degrado dei corpi, nella labilità delle anime, dove accade la poesia, dove la bellezza grida le sue ragioni, malgrado il ridicolo, gli affanni, le perdite, la solitudine e la morte, la vecchiaia con tutti i suoi sintomi e i suoi castighi.

Emma Dante affonda il coltello nella parte infima dell’esistenza e lì cerca (o semplicemente, trova) una luce, un lumino rosso, un velo da sposa, una scatola colorata sotto l’albero di Natale, un carillon. Trova la vita e la fa vibrare, oltre il dolore e la morte.

Perché dietro la schiena curva, l’andatura impedita, le teste canute e il russare dei vecchi, c’è una tenerezza che sa rallegrare, una tenerezza che consola senza concedere alla pietà, anzi, rifuggendola con una risata, un ghigno, un ricordo che spazza via malanni e polvere e ti strizza l’occhio per riannodare le fila, magari a passo di danza.

E un passo di danza è anche Il tango delle capinere, approfondimento di Ballarini, ovvero il terzo studio della Trilogia degli occhiali, dopo Acquasanta e Il castello della Zisa, lo spettacolo in scena al Teatro Argentina di Roma fino al 14 maggio, con Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco, due attori particolarmente rappresentativi della sua poetica, parte di un percorso condiviso che risale alla Trilogia della famiglia siciliana.  

Qui danno vita a un passo a due che procede a ritroso per raccontare, danzando, la loro storia d’amore. Una storia fatta di feste comandate, brindisi e lustrini, ma anche di litigi per contendersi il programma preferito davanti all’unica tv, di approcci rinviati in riva al mare, di avance di repertorio e di altrettante dichiarazioni, di neonati coccolati vezzeggiati strapazzati e di liste della spesa infinite. E poi di solitudine: quella assoluta, senza rimedio, di chi sopravvive alla morte dell’altro. Quando un pezzo di te si stacca da te lasciandoti monco, disintegrato.  Privato di quei rassicuranti automatismi del corpo che trovano riparo nel corpo dell’altro.

Come si fa a sopravvivere alla morte di un pezzo di te? Cercando quel pezzo in mezzo agli altri pezzi, in mezzo ai ricordi custoditi in un baule, tirati fuori un po’ alla volta, con la forza del  desiderio che si fa corpo e ostinazione. Finché quel pezzo che credevi perduto si materializza in un attimo e ti invita a ballare.

Anch’egli con il suo baule pieno di ricordi che si intrecciano coi tuoi, mentre gli strati depostati dagli anni vengono via come veli di cipolla, fino a ritrovarsi quasi nudi su una spiaggia, abbandonati a buffe e fanciullesche schermaglie amorose.

Innescate da un colpo di tosse, un movimento del capo, una canzone, si succedono le diverse fasi della vita a due, dalla fine al primo incontro e poi di nuovo la fine, in una circolarità che annuncia e suggella, seppellendo di nuovo quel pezzo di te con sopraggiunta coscienza e sempre uguale dolore.

C’è nell’ultima scena, quasi una Pietà, una sorta di cortocircuito emotivo che si fa plastico nella rappresentazione accudente di lei, vedova e levatrice ad un tempo, al di sopra e al di là di ogni responso anagrafico.

La plasticità dei corpi capaci di liberarsi in danze frenetiche, apparentemente scomposte ma in realtà rigorosissime, di arrestarsi in posture significative e creare figure precise, l’energia del gesto, mai casuale,  sono costanti di tutti i lavori di Emma Dante, possibili grazie ad attori che non si risparmiano, dediti a prove faticosissime. Insomma a qualcosa di assolutamente contrario all’approssimazione, all’accontentarsi, alla cattiva fede di chi ti infiocchetta il quasi nulla.   

Ce ne accorgiamo: del quasi nulla e della fatica. Che è bellezza e ci commuove.   

Il tango delle capinere di Emma Dante

regia Emma Dante; con Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco; in coproduzione con Teatro Biondo Palermo , Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale,  Teatro di Roma, Teatro Nazionale,  Carnezzeria, Théâtre des 13 vents, Centre dramatique national Montpellier, MA scène nationale – Pays de Montbéliard

In collaborazione con Sud Costa Occidentale; Coordinamento e distribuzione Aldo Miguel Grompone, Roma

di Alessandra Bernocco