Umanità Nova. Cronaca di una mancata rivoluzione.

Recitare lo spettacolo lungo le barricate è degradare le barricate
Judith Malina

Il personale è politico” è un motto ideologico nato in seno ai movimenti politici degli anni sessanta. Carol Hanisch, colei che ha inventato lo slogan, intendeva far passare l’idea che il nostro privato è sempre collegato alla sfera pubblica; in virtù di questo, ogni conflitto tra i singoli individui, si innesca come contrapposizione politica e come tale può essere risolta solo collettivamente.

Nella stessa misura in cui il personale è politico, anche le storie raccontate sono messaggi politici e alcune possono essere anche giudicate eversive da un sistema dominante che, in qualche modo, ha sottratto alla conoscenza comune il ricordo di alcuni eventi che hanno segnato drammaticamente la storia dei protagonisti, dei contesti storici e sociali.

Giuseppe Carullo, nel monologo iniziale dello spettacolo Umanità Nova. Cronaca di una mancata rivoluzione, si interroga sul senso di raccontare una cosa che non ha mai vissuto, che non ha mai visto neanche come spettatore. Si interroga sul senso di far conoscere gli eventi, del perché alcuni fatti rientrano nella storia e altri sono cancellati dall’oblio. Eventi trascurati o volutamente abbandonati, ma che in realtà determinano il presente di una società che non intende ricordarli neanche nei libri di storia:

[…] in quei libri di storia nuova intendo,/quelli che odorano ancora di nuovo./Ecco,/nemmeno quei libri,/raccontano queste storie,/queste storie che in un modo o nell’altro/senti di dover conoscere.

foto di Angelo Maggio

Il senso è quello di trasmettere eventi che, per il loro carattere storico e mutevole, sono restituiti a  nuove generazioni chiamate a giudicare criticamente.

Una rappresentazione di individualità contestualizzate, capace di entrare in rapporto dialettico con uno spettatore partecipante.

Umanità Nova. Cronaca di una mancata rivoluzione, è uno spettacolo teatrale della Compagnia Carullo-Minasi, andato in scena in una prima nazionale in occasione della XXIII edizione di Primavera dei Teatri.

Il festival, organizzato da Scena Verticale a Castrovillari, si concentra sui nuovi linguaggi della scena contemporanea e trasforma il piccolo centro calabrese, posto ai piedi del Pollino, nella vetrina della cultura nazionale e internazionale. 

foto di Angelo Maggio

Umanità Nova. Cronaca di una mancata rivoluzione mette in scena la storia dei Moti di Reggio Calabria avvenuti nel 1970 e quella di cinque ragazzi, gli anarchici della Baracca; storie personali che si intrecciano con il contesto della più grande sommossa popolare nell’Italia del dopoguerra.

Il personale di Gianni Aricò, Annalise Borth, Angelo Casile, Franco Scordo, Luigi lo Celso è politico, così com’è politico il teatro che racconta le loro vite.

La drammaturgia di Fabio Pisano, la regia di Cristiana Minasi  e la recitazione di Giuseppe Carullo attribuiscono alla messa in scena una funzione che si trasforma in una elaborazione critica collettiva.

Uno spettacolo in grado di demolire le barricate imposte da una damnatio memoriae di quei vincitori che hanno scritto la storia.

La genesi di questa messa in scena è radicata in una ricerca storiografica frutto di un lavoro di molti anni. Carullo, la storia della rivolta di Reggio Calabria, della strage di Gioia Tauro, dei ragazzi della Baracca, di quegli anni di forti tensioni politiche e culturali, della strategia della tensione la incontra da giovanissimo grazie a Fabio Cuzzola, autore del libro Cinque anarchici del Sud: una storia negata.

Un lungo impegno che, come un demiurgo, lo ha visto impegnato, per anni,  nel dare forma a pezzi di storia giunti a noi come le schegge di una deflagrazione politica. Una storia da trasporre, così come avviene per ogni antico mito, in una narrazione utile a spiegare le conseguenze e a rispondere alle domande che i posteri si pongono.

La scelta registica di Cristiana Minasi  utilizza espedienti narrativi di brechtiana memoria, così che lo spettatore mai si identifica con i personaggi rappresentati in scena dall’unica voce di Carullo, ma diventa protagonista di una costruzione drammaturgica che procede attraverso un’analisi critica della storia di quegli anni.

foto di Angelo Maggio

Non è facile e forse, di questi tempi, neanche politicamente opportuno,  parlare di anarchia e strategia eversiva, ma la narrazione è restituita in maniera leggera, precisa e anche ironica.

Personaggi che si alternano nell’unico attore presente in scena, Carullo, narratore e coro, voce e corpo, di vicende personali trasformate in cronaca personale e politica. Cartelli che non sono altro che pagine di giornali sul quale emerge un nome: Angelo Casile.

Quasi per dire di guardare da vicino la vita di questo capellone, pacifista, che girava per le strade con un cartello attaccato al collo contro la guerra in Vietnam, che passeggiava con una gallina al guinzaglio per provocare una classe borghese cinica.

Casile che ironicamente considera l’anarchia come una malattia, proprio come quella poliomielite che lo aveva colpito da bambino e che lo costringeva ad accompagnarsi a un bastone.

Un nome che definisce un’individualità che si staglia dalle pagine della cronaca  per diventare controinformazione, la stessa tesa a creare quella Umanità Nova che cerca di ricucire quella discrepanza tra l’obiettivo della teoria anarchica, incentrata su ideali di libertà, uguaglianza di diritti, ricerca di una organizzazione sociale orizzontale e il significato che il termine anarchia assume nella nostra società: assenza di ordine, disordine, confusione.

È questo il senso del titolo di questa opera teatrale, Umanità Nova, come la rivista anarchica che dal 1920 continua a diffondere la voce dei tanti Angelo Casile e di tutti quei ragazzi che con la loro opera di revisionismo storico mostrano vicende che i sistemi di potere autoritario non vogliono raccontare.

La pièce è la cronaca di una rivolta urbana violenta, radicale, fuori dagli schemi delle rivolte di quegli anni. Si tratta di una sommossa trasversale strumentalizzata dal grido dei “Boia chi molla”, di quella destra eversiva responsabile, tra le altre, di quelle stragi che da piazza Fontana a Milano, a piazza della Loggia a Brescia, alla strage dell’Italicus, era passata, nel 1970, anche da Gioia Tauro con il causato deragliamento del Treno del Sole che collegava Siracusa a Torino Porta Nuova.

I cinque ragazzi della Baracca, avevano capito che l’incidente della freccia del Sud era collegato, in qualche modo, a quanto avveniva a Reggio Calabria intenta a rivendicare il titolo di capoluogo di regione assegnato a Catanzaro.

Abbiamo scoperto cose che faranno tremare l’Italia”, è quanto dice Gianni Aricò alla madre, prima di partire per Roma dove avrebbero dovuto consegnare il materiale di controinformazione ai compagni anarchici e dove non arrivarono mai.

C’era un filo che legava le otto vittime e i settantasette feriti della Freccia del Sud, la sommossa popolare di Reggio, il tentato golpe progettato da Junio Valerio Borghese del dicembre del ‘70, gli anarchici lo avevano scoperto e la storia lo ha cancellato.

Così sulla scena cinque sedie ribaltate rappresentano l’incidente in cui rimasero vittime i ragazzi della Baracca; la Mini Minor carica di documenti, mai ritrovati,  si schiantò contro un camion sull’autostrada tra Ferentino e Frosinone, a 58 chilometri dalla capitale. Un incidente in cui persero la vita cinque ragazzi dell’età media di 22 anni, un mistero che con il tempo è stato definito molto verosimilmente come omicidio.

Carullo disegna con il gesso la sagoma della giacca di Angelo Casile, tanto basta per portare in scena la morte, l’omicidio, la controinformazione e anche la cronaca della mancata rivoluzione.

Ma il gesso è un materiale che resiste poco e i contorni si dissolvono in fretta, così come si dimentica la storia spazzata via dai carri armati inviati a ripristinare l’ordine pubblico in una città alla quale la verità dei fatti accaduti rimarrà a per tanti un mistero.

[Umanità Nova. Cronaca di una mancata rivoluzione è una produzione Carullo-Minasi e Sciara Progetti Teatro, nato dalla collaborazione con Fabio Cuzzola, Giovanna La Maestra, Massimo Ortalli. Dopo il debutto nazionale a Primavera dei Teatri lo spettacolo sarà in tournée in tutta Italia. Le date attualmente confermate sono il 25 giugno a Stromboli per la Festa del Teatro Ecologico; 2 settembre a Parma Per Insolito Festival; 21 e 22 ottobre al Teatro dei Naviganti a Messina; 4 e 5 novembre al Teatro Nest di Napoli.]

di Maria Concetta Loria