A Complete Unknown

Come writers and critics, Who prophesize with tour pen And Keep your eyes wide The change won't come again
(The Times They Are A - Changin' , Bob Dylan)

Giovedì 23 gennaio è arrivato nelle sale italiane quello che probabilmente è il titolo cinematografico biografico più atteso della stagione 24/25 e ossia “A Complete Unknown” su quella che, senza timore di essere smentiti, può essere definita come la più longeva e luminosa star musicale di ogni tempo: Bob Dylan.

Fresco – o forse si potrebbe addirittura scrivere “freschissimo”, dato che le notizie al proposito sono state trasmesse worldwide direttamente dagli Stati Uniti d’America lo stesso giorno in cui la pellicola ha debuttato sugli schermi italiani – di ben 8 nomination ai prossimi Academy Awards, il film diretto da James Mangold – già regista dell’iconico “Walk the line – Quando l’amore brucia l’anima” – ha la durata di 140’ ed è interpretato, nei ruoli principali, da Timothée Chalamet, Edward Norton, Monica Barbaro e Elle Fanning.

La storia oggetto del racconto in questo prodotto tanto lungo quanto affetto – anche abbastanza paradossalmente considerata l’ovvia ed incontrovertibile presenza dell’elemento musicale – da un problema di monotonia narrativa, prende in esame i primi 5 anni della carriera del cantautore di Duluth, Minnesota, a partire dal suo sbarco nel 1961 nella Grande Mela fino alla tanto controversa quanto storica performance da lui offerta a chiusura dell’edizione del 1965 del Newport Folk Festival.

“A Complete Unknown” ha il pregio di pennellare con perizia il tormentato e tormentoso travaglio artistico, caratteriale, umano del suo assoluto protagonista – protagonista al quale il già affermatissimo Chalamet offre in dono, tramite il proprio amplio talento a tutto tondo, una performance più che degna di nota -, ma, allo stesso tempo, non ha né l’interesse né il merito di creare intorno a lui le condizioni per le quali tutte le altre pedine della storia  – compresi gli stessi fatti raccontati – possano fungere da concreto, reale, forzuto contraltare nel corso del cosiddetto “Viaggio dell’eroe” e che, dunque, siano in grado di conferire spessore ad un processo di scrittura che pare non volersi assumere nessun reale intento drammatico, dimenticando come sia il vero contrasto, la pura opposizione, a fungere da motore tecnico ed emotivo per ogni “dramma” che si rispetti ( e non volendo, per l’appunto, intendere con il termine “dramma” il genere del lavoro, quanto il risultato stesso delle fatiche profuse dagli autori).

“A Complete Unknown” accenna dei contrasti – professionali, sentimentali, psicologici – ma preferisce mettere in luce il talento e la grazia ineffabili di un uomo che, oggettivamente, poco a che fare ha con la pletora di esseri umani che gli somigliano solo per composizione organica, ma molto, senza colpa, gli si discostano per capacità espressive.

In questo film la volontà, peraltro ottimamente resa in immagini, di Mangold non è quella di scuotere gli spettatori, ma di omaggiarli di quella bellezza di cui lo stesso Dylan è portatore sano.

E ricordiamo che il vero fu Robert Allen Zimmerman pare aver espresso un lontano e distante gradimento per la prova oggettivamente ottima – Chalamet esegue personalmente le canzoni del film e con voce e con chitarra – del suo alter ego cinematografico.

Credo ci sia ben poco da aggiungere se non la solita, forse banale, nota di merito per l’ennesima carismatica prova d’attore di Edward Norton che riesce, in ogni caso, a restituire agli spettatori un personaggio – quello dello scopritore Pete Seeger – sfaccettato e non piegata a quella che nella pellicola sembra essere stata la legge non scritta che più o meno potrebbe aver recitato così: 

“Per favore, non siate più interessanti del protagonista. Grazie”.

Norton, come attore non protagonista, contribuisce al numero delle candidature agli Oscar di cui sopra.

di Giuseppe Menzo